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Da un po’ di tempo non è più lui…

Un’esperienza comune a molti genitori di adolescenti è proprio quella di un blocco, che si trasforma in un cambiamento negativo rispetto alla normalità.

Di che blocco parliamo?

In adolescenza, le forme che può assumere sono due, spesso concomitanti:

  • un blocco scolastico, che si traduce in un preoccupante crollo dei voti;
  • un blocco nelle relazioni, che si concretizza in un progressivo calo del desiderio di uscire e di vedere altre persone.

Le cause possono essere molto diverse, ma spesso una delle due situazioni descritte finisce per tirarsi dietro anche l’altra.

Così, ciò che capita di continuo è vedere adolescenti tanto demotivati alla scuola (più di quanto ci si aspetterebbe normalmente) quanto apatici verso la vita sociale.

In adolescenza, entrambe le dimensioni, scolastica e amicale, sono allo stesso tempo fondamentali per la crescita del ragazzo, ma anche piuttosto delicate. Gli equilibri, in questi complessi ambiti di vita dell’adolescente, sono fragili come cristalli.

Le cause del blocco

Dicevamo, qualche rigo fa, che le cause possono essere diverse tra il primo tipo di blocco e il secondo.

Non è facile esaurire il discorso in un articolo, ma è possibile individuare dei punti di partenza, che solo una psicoterapia è poi in grado di sviluppare e correggere.

Nell’adolescente che si blocca è accaduto qualcosa che non necessariamente ha a che fare con un evento, un episodio della vita reale. 

Piuttosto, ciò che è successo ha a che fare con la vita affettiva ed emotiva del ragazzo.

Altrettanto di frequente succede che, a partire da un evento concreto (ad esempio un cattivo voto del tutto inatteso, oppure un doloroso rifiuto da parte di un amico o di un potenziale partner) nella sfera emotiva scatta qualcosa:

Un episodio specifico diventa la prova di una caratteristica generale.

Cosa vuol dire?

Che un singolo fallimento diventa, nella mente dell’adolescente, la testimonianza del fatto che si è dei falliti, dei falliti e basta.

Che un singolo rifiuto diventa, nella mente dell’adolescente, l’evidenza che nessuno potrà mai apprezzarlo e amarlo come vorrebbe.

L’adolescente confessa molto spesso di aver fatto questo errato pensiero associativo nella stanza di terapia, e di faticare a liberarsene.

Un pensiero di questo tipo, in adolescenza, è alla base di una reazione di chiusura verso il mondo esterno.

E perché mio figlio reagisce così?

Pensieri di questo tipo rivelano una fragilità profonda dell’adolescente, che non è possibile affrontare in modo sbrigativo, o credendo che “passerà da sola”.

Pensieri di questo tipo denunciano una tendenza che può essere costante; quindi, non solo gli ostacola il presente (interferisce col rendimento scolastico, lo rende poco incline al contatto umano con gli altri) ma gli mette a rischio anche il futuro: questa vulnerabilità si ripresenterà uguale in tutti gli altri ambiti di vita importanti del ragazzo nel suo cammino verso l’età adulta.

La propensione a questo tipo di ragionamenti anti-benessere può dipendere da molti fattori, che non è possibile sintetizzare in un articolo: si tratta di fattori personali, che nascono nella storia di vita individuale.

È solo in psicoterapia che è possibile arrivare alla radice profonda di questa pericolosa predisposizione, così tipica dell’adolescenza: pur esistendo dei meccanismi generali di funzionamento della mente umana, ciascun elemento assume un peso specifico all’interno del singolo percorso di vita.

È fondamentale, allora, riconoscere immediatamente il problema, senza sottovalutarne la portata.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova