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«Paura che divora il corpo».

Un po’ di tempo fa, un giovane paziente mi ha descritto con queste parole l’esperienza dei suoi attacchi di panico.

Quella legata agli attacchi di panico è una condizione che negli ultimi sembra imporsi con particolare frequenza in adolescenza.

Sono sempre di più i ragazzi che ne soffrono: in adolescenza, il panico riguarda spesso situazioni scolastiche, ma il discorso non si esaurisce certo alla scuola.

È come se proprio l’adolescenza fosse portata a sperimentare quella sensazione di allarme insopprimibile che caratterizza gli attacchi di panico.

Questa tendenza può dipendere dalla naturale predisposizione dei ragazzi a utilizzare il proprio corpo per esprimersi.

L’attacco di panico, in adolescenza ma non solo, si caratterizza proprio per un’iper-attivazione corporea: è come se ogni fibra dell’organismo facesse sentire la sua presenza… amplificata.

Questa sintetica descrizione, così come le parole del giovane paziente cui ho accennato all’inizio, contraddistinguono l’esperienza dell’attacco di panico.

Ansia o panico?

La differenza tra ansia e panico non è semplicissima da intuire.

In adolescenza, poi, succede spesso che le sintomatologie siano più “sfumate” che nell’età adulta, per questo la confusione terminologica si accentua.

In effetti, ansia e panico condividono molto, dal punto di vista delle manifestazioni sintomatologiche… ma è bene distinguerle:

  • L’ansia ha a che fare per lo più col mentale, ovvero, è assimilabile a uno stato psicologico-emotivo di timore. Spesso, nella sensazione d’ansia, non è presente una specifica situazione temuta, oppure un oggetto; si tratta, piuttosto, di un’impressione, che sembra anticipare la presenza di un pericolo;
  • L’attacco di panico, come detto, coinvolge il corpo in misura maggiore; si può dire che sia una condizione d’ansia moltiplicata, con una sintomatologia fisica ben definita, quasi inconfondibile.

Attacchi di panico: i sintomi

In adolescenza o nell’età adulta, i sintomi da attacco di panico sono sempre i seguenti:

  • Sudorazione;
  • Palpitazioni (aumento del ritmo cardiaco);
  • Dolore al petto;
  • Sensazione di ottundimento (come se la testa fosse incastrata in una morsa);
  • Sensazione di nervosismo e di agitazione crescenti;
  • Sensazione di soffocamento;
  • Spossatezza fisica.

Si tratta di sintomi che, in parte, sono presenti anche nell’ansia, ma in misura ben più sfumata.

Da cosa dipende un attacco di panico?

Quasi sempre, a scatenare un attacco di panico, è una situazione soggettivamente stressante.

Cosa significa soggettivamente stressante?

Significa una situazione percepita come stressante dalla persona senza che, necessariamente, sia stressante per tutti.

Proviamo a interpretare questa descrizione proprio dal punto di vista dell’adolescenza.

Un esempio, già prima brevemente introdotto, può essere quello della scuola; più precisamente, un compito in classe, un’interrogazione… ma anche il fatto stesso di andare a scuola, e confrontarsi con i compagni e i professori.

A (quasi) nessuno piace andare a scuola, una verità che in adolescenza si fa particolarmente evidente; ma non certo tutti gli adolescenti descrivono l’andare a scuola come un evento terrorizzante.

Per l’adolescente con attacchi di panico generati dal contatto con la scuola… beh, non c’è niente di più stressante dell’ingresso in istituto, del momento dell’interrogazione, e così via.

Subentra l’ansia, poi a ruota segue il panico, vero e proprio. 

Perché?

La reazione di ansia mette in guardia dai pericoli; a volte può essere eccessiva, e sprigionarsi in contesti dei quali non c’è da avere paura, ma il suo significato è questo: tenere all’erta l’organismo, pronto a difendersi.

Il panico va immaginato come un’enorme sirena d’allarme spiegata: è proprio l’allarme rosso, la segnalazione di un evento o di una situazione… che più stressante e pericolosa non si può!

Tanto stressante e pericolosa da aumentare la pressione e tutti i parametri del corpo, rendendolo ipersensibile.

Come reagisce l’adolescente?

Gli attacchi di panico sono spaventosi, e quando si manifestano, la sensazione è che non ci sia modo di sfuggirvi.

Per questo, l’adolescente pensa di non avere altro modo, per difendersi, se non quello di evitare la situazione stressante; di tenersene a debita distanza.

La questione suona già di per sé problematica, posta così.

A problema, poi si aggiunge problema quando il ragazzo allarga i confini della sua paura a tutte le situazioni collaterali a quella scatenante.

Parliamo di situazioni e contesti di vita che, normalmente, fanno parte dell’adolescenza.

Rispetto all’esempio della scuola, l’adolescente può quindi cominciare a evitare i contatti con i propri compagni anche quando non sono all’interno dell’istituto: il solo fatto di frequentarli comincia a ricordargli dei brutti momenti vissuti tra le quattro mura della scuola.

È facile intuire, a questo punto, qual è il destino cui va incontro l’adolescente che comincia a sperimentare attacchi di panico senza potervi intervenire:

  • un blocco sempre più totale delle sue attività (la scuola, ma anche uno sport, le lezioni di pianoforte, e così via);
  • un blocco sempre più totale delle relazioni: gli attacchi di panico generano vergogna in chi li prova.

Attacchi di panico in adolescenza: che fare?

C’è un motivo se un figlio, in uno specifico contesto come ad esempio quello della scuola, sperimenta degli attacchi di panico; se proprio quel ragazzo, lui, e non altri, comincia a vivere la penosa esperienza del panico.

Il motivo si nasconde nella vita interiore del ragazzo; è il motivo che dà carburante al motore del panico, ed è quindi ciò su cui diventa necessario intervenire.

In generale, si può dire che l’adolescente che sviluppa attacchi di panico vive una sensazione di profonda inadeguatezza, che allo stesso tempo è causa e conseguenza del panico. È un circolo vizioso.

Le ragioni del senso d’inadeguatezza che dà forza al panico, possono variare da persona a persona, da adolescente ad adolescente.

Non è possibile stilare una lista, non è possibile generalizzare.

Va esaminata la difficoltà del singolo ragazzo, e per farlo, serve conoscerlo, approfondire il suo bagaglio emotivo, le sue paure, la sua specifica fragilità.

Non c’è strada alternativa: bisogna capire cos’è, che all’interno della situazione percepita come stressogena, mette in difficoltà il ragazzo, e perché.

Questa indagine passa per un lavoro paziente di ascolto e di “interrogazione” costante della vita emotiva dell’adolescente; un lavoro che solo un opportuno percorso di psicoterapia è in grado di portare avanti.

Il nucleo nevralgico delle situazioni di disagio psicologico, soprattutto in adolescenza, è sempre sfuggente, non si lascia afferrare facilmente.

Per questo, non è possibile promettere una cura degli attacchi di panico rapida e indolore.

Intervenire, però, è possibile, a patto di mettere in conto la necessità di un percorso lungo e impegnativo.

Ma d’altro canto, a chi li subisce, gli attacchi di panico sottraggono a chi li subisce energie e pezzi di futuro: l’investimento vale senz’altro il prezzo, da ogni punto di vista.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova