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«Mio figlio è in soggezione con tutti…»

È difficile che le persone vedano qualcosa di buono nell’essere timidi.

Anzi, in generale la timidezza è uno dei tratti caratteriali più screditati, per non dire disprezzati, perché spesso è associata a sensazioni soggettive di

  • debolezza;
  • imbranataggine;
  • impotenza;
  • nel caso dei maschi, scarsa mascolinità.

In adolescenza la musica non cambia di certo, anzi: un ragazzo timido è un ragazzo che si sente inadeguato a stare con gli altri.

Parlare di timidezza significa, quasi sempre, parlare di bassa autostima: chi ne soffre, crede di non potersi confrontare alla pari con le persone che gli sono intorno.

Sgomberiamo il campo dagli equivoci: non c’è nulla di male a essere timidi, né in adolescenza né in età adulta, perché la timidezza è una caratteristica di personalità come altre (la generosità, o l’irascibilità, o l’intraprendenza).

Come sempre, si considera problematico un attributo del carattere quando lo si sente esagerato.

La timidezza non fa eccezione, da questo punto di vista: può diventare un problema quando impedisce del tutto la possibilità di avere relazioni serene con gli altri, che siano gli amici, i professori, o le persone con cui si interagisce in un negozio.

Adolescenza e timidezza: la paura del giudizio

Un adolescente timido è un adolescente che prova disagio a parlare con gli altri.

È una sensazione che, allo stesso tempo, è dolorosa nel presente e pericolosa per il suo futuro: un ragazzo timido

  • si sente escluso, e ritiene che sia colpa sua;
  • non si sperimenta nelle relazioni e negli scambi con gli altri, e finisce così per non acquisire mai sicurezza e fiducia in se stesso.

Tanto in età adulta quanto in adolescenza, la timidezza è alimentata dalla paura del giudizio:

«Meglio che non parlo, che poi chissà cosa penseranno gli altri!»
«Già lo so, se apro bocca inizio a sudare, arrossisco… cosa penserà di me la gente?»

Parlare con gli altri diventa una vera e propria fobia, se alla base i pensieri sono così dominati dalla paura di sbagliare.

La paura del giudizio origina da un meccanismo di pensiero automatico, che qualcuno chiama effetto riflettore:


  • la sensazione di essere nel focus d’attenzione di tutti, per l’appunto sotto i riflettori: che sia a scuola, a una festa, al bar…
  • la sensazione che qualunque piccolo o grande “passo falso” verrà notato, e sarà motivo di giudizio negativo, o persino di presa in giro.

L’effetto riflettore può influenzare le relazioni a qualsiasi età.

In adolescenza, però, assume una pregnanza particolare, perché si lega a una dimensione fondamentale della crescita: il confronto con gli altri.

È inevitabile, per un adolescente, sentirsi costantemente in paragone: è anche attraverso il raffronto con i coetanei che un ragazzo scopre com’è fatto.

Guardare se stesso in relazione agli altri è un’esperienza di crescita.

Essere troppo timidi significa può significare sentirsi inferiori a chi ci circonda:

«Guarda Emma com’è sicura di sé, io invece balbetto prima ancora di aprir bocca!»
«Carlo è pieno di amici e tutti pendono dalle sue labbra; io invece sono invisibile…»

Poter credere in se stessi è una condizione fondamentale per lo sviluppo personale e l’autorealizzazione.

Basti pensare a un’esperienza comune, per un adolescente, come quella di un’interrogazione: la timidezza, molto spesso, è scambiata per impreparazione.

Andando oltre, si può invece immaginare un colloquio di lavoro: sentirsi in difficoltà davanti a un esaminatore per questioni di timidezza può pregiudicare la selezione, e non certo per “incompetenza”.

Come si cura la timidezza in adolescenza?

Ribadisco ancora un concetto: la timidezza non è un difetto, è un tratto caratteriale come altri.

Anzi, spesso si associa a qualità positive, come la sensibilità e la capacità di ascolto.

Il problema sorge quando la timidezza è così accentuata da impedire di vivere la propria esistenza con tranquillità e ottimismo. Stare con gli altri e poterci parlare, del resto, è necessario.

Per curare un eccesso di timidezza, il primo passo è arrivare a capire cos’è che la genera.

Vale a dire:


la timidezza è causata dalla paura del giudizio… ma da cosa è causata la paura del giudizio?


A questa domanda non è possibile replicare con una risposta valida per tutti: ciascun ragazzo è diverso dall’altro.

Per intervenire sulla timidezza di un adolescente, va capito cosa significa per lui la timidezza, ovvero, cos’è che nella sua storia personale ha messo in moto la paura del giudizio altrui.

Individuare le cause profonde permette di capire dove bisogna intervenire, ma queste cause non sono uguali per tutti.

E non si tratta di cause evidenti, bensì, di ragioni interiori che è complicato far venire alla luce senza un aiuto qualificato.

L’adolescente stesso può essere reticente a raccontarsi e a scavare più in profondità, per la sensazione di essere difettoso.

D’altro canto, lavorare sulla timidezza diventa necessario quando è un tale freno alle relazioni da rendere l’adolescente isolato, e frustrato dalla convinzione che stare bene con gli altri è impossibile.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova