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Percepirsi come un bluff.

Sentirsi diversi dagli altri è un’esperienza spiazzante, addirittura dolorosa.

Quando ci si percepisce distanti dal resto delle persone, è perché si percepisce in chi sta intorno una sorta di “regola generale”.

Una norma condivisa che regola e orienta il corso dell’esistenza, del tipo:

A tutti piace uscire e divertirsi;
A tutti interessa avere una relazione;
A tutti piace contornarsi di persone e stare con loro.

E così via.

Quelli appena menzionati sono soltanto esempi, e se ne potrebbero trovare di molti altri.

Chi si sente diverso, però, si sente spesso in difetto. 

Per dirla in altre parole, chi si sente diverso si sente peggiore degli altri:

«Sono l’unico ad avere queste caratteristiche»

La spiacevole sensazione di essere imperfetti mette in moto tentativi di cambiamento che finiscono per naufragare.

«Mi sento diverso… quindi devo cambiare.»

Sembra essere questo l’imperativo di molte persone che avvertono una differenza profonda in se stesse rispetto agli altri.

Il problema è che, a ben vedere, questa percezione non ispira un vero meccanismo di trasformazione.

Molto spesso, il pensiero di essere diversi porta a fingersi diversi da come si è.

Vivere con la sensazione di fingere costantemente non è facile, anzi.

Ci si prova quando si è spinti dalla ricerca di approvazione da parte degli altri.

«Solo se farò come gli altri, potrò essere accettato»

È sulla base di questo automatismo di pensiero che chi si sente differente tenta la strada del cambiamento.

Perché questo cambiamento non funziona?

La risposta è apparentemente semplice: il cambiamento non funziona se è animato da propositi che non sono davvero personali.

Essere se stessi, talvolta, è fonte di dolore (ed è proprio il caso di chi si sente diverso dagli altri).

Ma resiste un dato che rimane pressoché immodificabile:

È difficile cambiare quando si sente di tradire se stessi.

Chi si sente diverso dagli altri è come incastrato tra due dimensioni:

  • la necessità percepita di piacere agli altriessere amati e apprezzati;
  • la necessità di piacere a se stessi.

Molto spesso, chi si sente diverso non pensa, intimamente, di essere in difetto.

Si rende conto, però, che gli altri non funzionano così.

Insomma, si sente un’anomalia.

Ma è proprio questo “bisticcio” tra bisogno di essere se stessi e bisogno di piacere agli altri che crea il blocco:

«Vorrei cambiare ed essere come gli altri… ma non ci riesco.»

«Mi sento diverso: cosa posso fare?»

Potrà sembrare banale, ma la chiave di volta per stare bene nonostante la sensazione di essere diversi risiede nella possibilità di accettarsi.

Suonerà banale perché dirlo non è farlo: è difficile accettarsi quando ci si sente così stranianomali, imperfetti

Accettare se stessi è uno degli obiettivi più importanti di una psicoterapia.

Ed è anche una strategia di raggiungimento del benessere personale, forse una delle meno citate.

Per molte persone è difficile perdonarsi la propria diversità.

D’altro canto, imporsi il cambiamento non genera mai i risultati sperati, bensì produce una fatica esistenziale opprimente.

La vera trasformazione sta proprio nella possibilità di approvare la propria unicità.

La psicoterapia può aiutare

  • ad ammorbidire i propri giudizi autosvalutanti;
  • a individuare la causa profonda del proprio senso di diversità (una causa che varia da persona a persona).

Per dirla in altri termini, la si può rappresentare allo stesso tempo

  • come un sistema di “medicazione immediata”;
  • come un trattamento a lungo termine.

Sentirsi diversi dagli altri, a ben pensarci, non contiene nessuna forma di giudizio di valore.

Vale a dire: diverso non significa peggiore.

Ciò su cui conviene lavorare, quindi, è la percezione personale del proprio essere, e non sul tentativo di allinearsi agli altri.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova