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Aprirsi con gli altri, o nascondersi…

Verrebbe facile dire che è fondamentale esprimere le proprie emozioni, sempre.

Le cose, purtroppo, non sono però esattamente così semplici.

Tralasciando le occasioni in cui può essere considerata buona norma quella di filtrare” il proprio stato d’animo (es. in pubblico), la questione che è non tutti sentono la possibilità di poter esprimere le proprie emozioni.

Cosa vuol dire esprimere le proprie emozioni?

Vuol dire sentirsi “autorizzati” a portare fuori ciò che si prova nel momento in cui lo si prova.

Questo significa, in altri termini, condividere con l’altro ciò che si sente.

La difficoltà a esprimere le proprie emozioni non riguarda soltanto gli stati d’animo negativi, come ad esempio la rabbia o la delusione.

Un “blocco” nella possibilità di esprimere se stessi, più comunemente di quanto si pensi, può verificarsi anche nella manifestazione di sentimenti positivi.

Il punto, in effetti, non è la qualità delle emozioni in quanto tali.

Piuttosto, il punto è proprio quello di potersi sentire liberi di rivelare i propri stati d’animo, quali che siano.

Perché è difficile esprimere le proprie emozioni?

Non c’è niente di più intimo delle proprie emozioni.

Diversamente dai pensieri, dalle riflessioni, dai ragionamenti, le emozioni sono meno “controllabili” in maniera consapevole.

Provare emozioni, insomma, può esporre a una sensazione di vertigine:

«Non ho potere su quello che sento dentro…»

È una sensazione particolarmente “scomoda” per qualcuno.

Anche perché le emozioni sono un potente veicolo di relazione.

Attraverso la condivisione dei propri stati d’animo, è possibile creare un link con chi ci sta davanti.

Questa notazione apre un ulteriore ordine di questioni:

«Se mi apro, potrei essere rifiutato…»

La paura del rifiuto altrui è un altro potenziale motivo di inibizione rispetto alla possibilità di essere autentici con gli altri.

In tanti credono che condividere emozioni negative faccia apparire

  • lamentosi;
  • ingrati;
  • pesanti;

e così via.

Per questo motivo, le emozioni negative in modo particolare sono quelle che più di tutte vengono messe sotto chiave, nascoste.

Quali sono le conseguenze della repressione delle emozioni?

Il rischio è… l’ingorgo.

In questo senso, possiamo pensare alle emozioni come a oggetti concreti.

Cosa succede ad accumulare qualcosa in un contenitore che ha spazio finito?

Succede che quel qualcosa comincia ad ammassarsi, fino a riempirne ogni spazio, fino a traboccare.

Vale qualcosa di simile per le emozioni: reprimerle significa esporsi a una sorta di sovraccarico emotivo.

Un “peso interno” eccessivo che è fonte di stress notevole, perché

  • fa sentire non autentici: «quello che provo è diverso da quello che esprimo»;
  • fa sentire non ascoltati: «vorrei dire come la penso e come mi sento, ma nessuno capirebbe, nessuno accetterebbe…»

La repressione delle emozioni è paragonabile al funzionamento di una pentola a pressione: tutto ciò che è al di sotto del coperchio ermetico spinge verso l’alto, spinge per emergere.

Forzarsi a tenere tappate queste emozioni comporta, per così dire, un malfunzionamento del proprio essere: c’è qualcosa che fisiologicamente  sarebbe fatto per venire fuori, e invece è tenuto sigillato dentro.

Le persone che reprimono le proprie emozioni prima o poi si rendono conto di avvertire un malessere interiore profondo.

D’altro canto, l’inibizione della propria personalità attiva una sorta di circolo vizioso: una volta che ci si è dentro, si fa fatica a operare dei cambiamenti per uscirne.

Per questo motivo può essere proficuo intraprendere un percorso di psicoterapia, con l’obiettivo di

  • dare ascolto a queste emozioni inespresse;
  • comprendere le motivazioni nascoste – motivazioni soggettive, che variano di persona in persona – che impediscono di sentirsi liberi di condividerle all’esterno;
  • intervenire su questo status quo per ammorbidirne le rigidità.

Togliere il tappo che impedisce alle emozioni di venir fuori, e farlo in un “ambiente protetto”, può essere il primo passo per acquisire più equilibrio nella gestione di questi stati d’animo.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova