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Dipendenza affettiva e paura dell’abbandono
Dipendenza affettiva Padova – Cura della dipendenza affettiva a Padova – Dott. Francesco Rizzo Psicologo

Dipendenza affettiva e paura dell’abbandono: in che modo sono connesse?

Si può dire, in maniera preliminare, che l’una rinforza l’altra.

Per chi soffre di dipendenza affettivala relazione di coppia è vissuta come unica condizione possibile di benessere.

L’idea di troncare il rapporto amoroso espone al timore di ritrovarsi da soli.

La paura dell’abbandono, intensificata dalla dipendenza affettiva, riguarda proprio la sensazione di non poter vivere la propria vita in autonomia.

«per stare bene, mi serve lui/lei…»

Insomma, entra in gioco una vera e propria questione di sopravvivenza.

Chi vive la dolorosa esperienza della paura dell’abbandono, sente di non farcela se è da solo.

Una percezione di questo tipo può innescare la dinamica insidiosa della “relazione tossica“.

Le relazioni possono essere tossiche per molti motivi e in tanti modi.

Sentirsi così profondamente dipendenti dal proprio partner è uno di questi.

Può succedere, in casi del genere, che il bisogno dell’altro diventi del tutto predominante rispetto al desiderio dell’altro.

In altri termini


dipendenza affettiva e paura dell’abbandono possono costringere una persona a non interrompere un rapporto insoddisfacente per la convinzione di non poter vivere in assenza del partner.


La relazione diventa allora una condanna, invece che una scelta.

Ed è proprio tra in questo senso di costrizione che si annida il bisogno d’amore: una condizione da “maneggiare” con cautela.

Paura dell’abbandono e “sottomissione” all’altro

Il “bisogno d’amore” precedentemente accennato finisce per prendere il sopravvento su qualsiasi altra forma di esigenza personale.

Soffrire di dipendenza affettiva, spesso, significa proprio sentirsi costretti ad anteporre i bisogni del partner ai propri.

Possiamo riferirci a questo senso d’obbligo come a una forma di sottomissione.

È una sottomissione involontaria, senza dubbio, ma è anche fonte di grande malessere emotivo.

Questa subordinazione al partner è sorretta dall’idea che la costante condiscendenza è l‘unico modo per ottenere il suo amore.

Ne consegue che l’unica maniera di sventare l’abbandono è quella di nascondere le proprie esigenze per concentrarsi su quelle del partner.

Che tipo di sofferenza produce questo azzeramento di se stessi in nome dell’altro?

Si potrebbe rispondere a questa domanda con un’unica parola: rabbia.

La soppressione dei propri bisogni, dettata dalla paura dell’abbandono, impone un forte senso di frustrazione

  • verso il partner, come se da qualche parte dentro si agitasse una domanda del tipo perché devo essere proprio io ad annullarmi per lui/lei?;
  • verso se stessi, per il fatto stesso di non sentirsi in grado di “parificare” le proprie esigenze con quelle della persona amata.

Parliamo, in questo caso, di una rabbia e di una frustrazione non pienamente coscienti.

Eppure, le emozioni spiacevoli che agiscono sotto traccia sono in grado di condizionare fortemente la vita (e le relazioni stesse).

È forse la faccia nascosta della dipendenza affettiva, e della relativa “paura abbandonica”: il risentimento per chi è dall’altra parte, e l’irritazione nei confronti di se stessi.

Non “governare” la propria vita, ma anzi, sentirsi alla mercé del partner, è una fonte di tensione interna tra le più consistenti.

Guadagnare “indipendenza” con la psicoterapia

Un percorso psicoterapeutico mira a offrire possibilità di autonomia.

Quando parliamo di autonomia, non parliamo di totale autosufficienza.

L’amore, di per sé, è una forma di dipendenza del tutto fisiologica se “misurata” nella giusta dose.

Per autonomia, semmai, si deve intendere autodeterminazione.

L’autodeterminazione è la possibilità di decidere il proprio governo interno.

Fare psicoterapia in presenza di una dipendenza affettiva vuol dire quindi recuperare la capacità di scegliere l’amore per desiderio, e non per bisogno.

Come funziona la psicoterapia, in questo senso?

Nell’immediato

  • accompagna la persona nella comprensione profonda delle rinunce, dei sacrifici, dell’abolizione di ogni spunto personale a vantaggio dell’altro;
  • aiuta a prendere contatto con le emozioni di rabbia e di dolore che contornano l’esperienza della dipendenza affettiva e della paura abbandonica.

A lungo termine, invece

  • indaga le cause “nascoste” della tendenza a dipendere dall’altro, ovvero quelle ragioni “personali” che riguardano le proprie caratteristiche e la propria storia di vita.

Queste due “direzioni” di cura procedono in parallelo.

Ed entrambe hanno la funzione di favorire la possibilità di apertura di uno spazio di autonomia che non sia percepito come “minaccioso” per sé.

In altri termini, questo tipo di “doppio lavoro” fornisce strumenti emotivi e mentali per sentire dentro di sé la possibilità di stare bene (anche!) da soli.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova