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Contattofobia in adolescenza

La cosiddetta contattofobia è una condizione di disagio piuttosto insidiosa anche in adolescenza.

Con questo termine s’intende una forte repulsione all’idea di toccare un’altra persona, o di esserne toccati.

Può trattarsi di una stretta di mano come di un abbraccio.

Oppure, può trattarsi del semplice stare a contatto corpo a corpo, per esempio mentre si è seduti in gruppo, o si è su un autobus…

È, insomma, una “fobia” a tutti gli effetti.

La si potrebbe definire anche una vera e propria malattia della relazione, perché chi ne soffre fa una fatica imponente a entrare in interazione con gli altri.

In adolescenza, qualunque forma di ostacolo allo stare con altre persone deve far suonare un campanello d’allarme per due motivi:

  • ancora più che l’età adulta, l’adolescenza vive di relazioni interpersonali con i coetanei; l’adolescente sperimenta se stesso nel contatto con gli altri;
  • gli scambi sociali in adolescenza sono una sorta di allenamento per le interazioni che verranno in età adulta: ad esempio, quelle lavorative.

Sentirsi impossibilitati a stare vicino alle altre persone è frustrante perché fa sentire esclusi.

L’adolescente osserva la facilità (apparente) con cui gli altri “giocano”, magari si scambiano carezze, o pacche affettuose.

Questa osservazione, il più delle volte, non diventa uno sprone a provare, ma soltanto una fonte di sofferenza ulteriore.

Contattofobia in adolescenza: da cosa dipende?

Quando una domanda ha a che fare con un malessere emotivo, non è possibile dare risposte universali.

Questo perché qualunque forma di disagio psicologico ha caratteristiche uniche che variano di individuo in individuo.

Vale per l’età adulta e vale ancora di più per l’adolescenza, che è una stagione della vita in evoluzione continua.

È possibile però individuare una sorta di radice comune a tutte le forme di contattofobia: un doloroso senso di vergogna.

La vergogna ha a che fare con una profonda insicurezza interpersonale.

Il ragazzo o la ragazza che soffrono di contattofobia sono fortemente convinte di una cosa:

«meglio che non tocchi, e che non mi faccia toccare, perché l’altro di sicuro non gradirà il contatto col mio corpo…»

Il contatto fisico mette a nudo caratteristiche considerate del tutto indesiderabili.

È come se offrisse una vetrina a parti di sé ritenute sgradite agli altri.

Questa percezione si mette in moto perché queste parti sono sgradite prima di tutto all’adolescente stesso.

Il fastidio – o addirittura il vero e proprio ribrezzo… – attribuiti agli altri, sono in realtà autoconvinzioni personali proiettate in chi sta davanti.

È una questione che riguarda strettamente l’autostima soggettiva.

Psicoterapia della contattofobia

La psicoterapia della contattofobia in adolescenza parte da una domanda fondamentale:

cos’è che scatena una così forte vergogna personale, che poi si traduce nella repulsione nei confronti del contatto fisico?

In altri termini, cos’è che rende così fragile l’autostima dell’adolescente?

Perché si sente così indesiderabile agli occhi degli altri?

Raggiungere le cause profonde di questa fragilità è l’unico modo per… correggere la rotta.

Individuare il motivo della sensazione che l’altra persona non gradirà il contatto fisico è fondamentale per

  • mettere in discussione gli “autoconvincimenti” che sorreggono questa sensazione;
  • visualizzare in maniera differente gli episodi, i ricordi di vita vissuta, che sorreggono questa sensazione.

La contattofobia s’innesca a partire da un senso di vergogna personale.

Ma quella vergogna personale ha origini altrettanto personali.

Intraprendere un percorso di psicoterapia significa poter lavorare su queste origini.

È particolarmente importante in adolescenza lavorare sul tema delle relazioni.

Un adolescente chiuso al rapporto con gli altri non potrà che essere un adulto chiuso al rapporto con gli altri (lavorativi, sentimentali, sessuali…)

La contattofobia mette a dura prova la possibilità di vivere la relazione con gli altri in maniera gratificante.

Alleggerirne il carico consente di aprirsi all’interazione con gli altri, possibilità di valore inestimabile sia in età più giovane sia in età adulta.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova