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Cosa c’è dietro alle incomprensioni genitori-figli?

Le incomprensioni tra genitori e figli sono all’ordine del giorno.

L’adolescenza è una stagione della vita nella quale la sfida diventa una dimensione esistenziale tra le più rilevanti.

Cosa s’intende per sfida?

Niente di troppo… drastico.

S’intende la tendenza degli adolescenti a cercare un confronto costante con gli adulti.

L’obiettivo è quello di “misurarsi” al cospetto di figure percepite come autoritarie

È evidente: l’esempio più immediato di figure percepite come autoritarie sono i suoi genitori.  

Non c’è quindi nulla di “anormale” nella propensione adolescenziale a scontrarsi con chi gli sta intorno.

È un vero e proprio bisogno: tentare di affermare se stesso e la propria crescita.

Un po’ come se il ragazzo volesse imporre la propria presenza nel mondo, nonché, la propria autonomia decisionale:

«Ho tutto il diritto, e tutta la forza, di dire di quello che penso e di agire come voglio!»

È questo, più o meno, il retropensiero che anima le spinte adolescenziali a “duellare” con i genitori.

Ed è chiaro che una dinamica di questo tipo possa innescare delle reazioni altrettanto forti anche nei genitori.

Quelle che possiamo chiamare incomprensioni genitori-figli nascono proprio da questo specifico assetto relazionale.

Per loro natura, gli adolescenti provano costantemente a estendere il limite di ciò che gli è concesso

In controtendenza, i genitori sentono l’esigenza di ripristinare il giusto confine tra ciò che si può e ciò che non si può.

Incomprensioni tra genitori e figli: qual è il rischio?

Il risultato di questa conflittualità continua è uno stato di tensione che finisce per inquinare ogni forma di rapporto.

Molto spesso, incomprensioni generano altre incomprensioni.

Vale a dire: il non riuscire a capirsi si estende a macchia d’olio su aspetti sempre più numerosi della relazione genitori-figli.

Il più delle volte, litigi e battibecchi non generano accordo, bensì, malumore ulteriore. 

L’insoddisfazione, in adolescenza, è un sentimento particolarmente frustrante, perché mette in moto sensazioni d’impotenza:

«Non ho il controllo della mia vita, devo rendere sempre conto ai miei genitori…»

Altrettanto, l’insoddisfazione è un’emozione che anche per i genitori è difficile da tollerare.

Non solo genera un’irritazione che va a inasprire la relazione con i figli.

Spesso questa insoddisfazione è anche un’anticamera di dubbi e incertezze genitoriali dolorose:

«Dov’è che sto sbagliando?»
«Perché mio figlio mi tratta così?»
«Possibile che in lui ci sia così tanta rabbia nei miei confronti?»

Il punto è che per un genitore diventa quasi inevitabile… prenderla sul personale.

Ovvero, sentire che le incomprensioni col proprio figlio sono frutto 

  • di un suo errore personale nel fare il genitore;
  • di un’aggressività che il ragazzo sente più motivata.

Una reazione, quindi, può essere quella della “contro-aggressività“:

«Mio figlio non mi rispetta? Allora adesso gliela faccio vedere io!»

Un’altra reazione, che si potrebbe definire contraria, ha più a che fare con una risposta “depressiva”:

«Se mi tratta così, si vede che lo merito. Non valgo niente…»

Insomma, trovarci del buono in queste incomprensioni è una faccenda molto complicata.

Battagliare con un figlio è una fonte di stress emotivo e di sofferenza.

Migliorare il rapporto genitori-figli?

Poter comprendere quanto sia “normale” la dinamica di divergenze tra genitori-figli è un passo importante.

Consente, tanto per cominciare, di trasformare i dissapori da “personali” a “generazionali”:

«Mio figlio adolescente lotta per stabilire il suo posto nel mondo.»

Più che contro-reagire, al genitore tocca il compito delicatissimo di accompagnare il ragazzo in questa… conquista del mondo.

In adolescenza, il bisogno di avere al proprio fianco una guida esperta è tanto necessario quanto non dichiarato. 

Con gli adulti, quindi, è semmai ingaggiata una lotta per affermare la propria indipendenza.

Stare dalla parte del figlio anche quando le sue spinte si fanno particolarmente “pepate” è la grande sfida cui sono chiamati i genitori.

Questo, ovviamente, non significa dargliela sempre vinta.

Significa, invece, avere comprensione delle esigenze del figlio, del suo bisogno non realizzabile di autonomia.

Se questa consapevolezza c’è, anche un necessario no assume il senso di una protezione, invece che di un divieto

Talvolta è molto complicato per un genitore raggiungere questo equilibrio.

Ci si mette di mezzo il proprio passato, le proprie caratteristiche caratteriali, le proprie convinzioni.

Per poter migliorare i rapporti con il proprio figlio può diventare allora utile un percorso di psicoterapia.

La psicoterapia consente di fare i conti con ciò che, di personale, impedisce una comunicazione fluida.

Con i figli, innanzitutto, ma più in generale, con chi ci sta intorno: partner, genitori, amici, colleghi di lavoro…

Lavorare sulle proprie difficoltà a trovare convergenze con le persone è quindi un’opportunità che migliora la qualità della vita a 360°.

Francesco Rizzo

 Psicologo Psicoterapeuta Padova