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«Mio figlio adolescente mi maltratta e mi fa star male…»

Avere un figlio che maltratta, fisicamente e/o verbalmente, è un’esperienza frustrante come poche.

In particolare, è doloroso sentire che la persona a cui si tiene di più si rivolti in maniera così aggressiva contro di noi

«Come può farmi questo… proprio mio figlio? La persona che ho messo al mondo e a cui dedico ogni energia?»

La dinamica che si impone in maniera più naturale è prenderla sul personale.

Vale a dire: sentire che il proprio figlio rivolge contro la sua ostilità perché ha un motivo di rimprovero concreto nei confronti del genitore.

Questa convinzione è piuttosto comune, sia che venga percepita in maniera consapevole, sia che “lavori” a un livello inconscio.

Si tratta di un’idea che può generare due reazioni molto diverse:

  • sensi di colpa intensi («è colpa mia se si comporta così…»);
  • senso di aggressività contro-proposto («come ti permetti? Adesso te la faccio vedere io!»).

Entrambe le emozioni producono stati d’animo che ostacolano la gestione di queste situazioni.

Più precisamente, ambedue innescano un circolo vizioso che rinforza i maltrattamenti.

Una dinamica che rientra nella categoria più generale delle incomprensioni genitori-figli: le difficoltà di comunicazione accentuano i problemi di relazione

Anche una reazione di paura può essere tipica, soprattutto se il figlio adolescente ha già cominciato a irrobustirsi con lo sviluppo.

Il timore, in questo caso, è che i maltrattamenti possano farsi pericolosi per la propria incolumità

L’idea che il proprio figlio possa ferire (in tutte le accezioni che possiede il termine) è un altro pensiero particolarmente stressante dal punto di vista emotivo

Adolescenti maltrattanti e sindrome dell’Imperatore

Sindrome dell’Imperatore è un termine utilizzato da alcuni psicologi per descrivere i comportamenti che contraddistinguono un figlio maltrattatore.

Con questa definizione si intende la prospettiva per cui il figlio si sente al centro del mondo

Un imperatore non chiede scusa, e fa tutto ciò che vuole…

Questa, perlomeno, è la percezione dei genitori.

Diventa però fondamentale oltrepassare una visione “accusatoria” e provare a osservare il tema della rabbia in adolescenza in un’ottica più generale. 

Inquadrare il fenomeno in una cornice più ampia consente

  • di smarcarsi dalla scomoda percezione che sia tutta colpa di…;
  • di individuare la radice più profonda dell’atteggiamento avverso del figlio.

Tanto per cominciare, la rabbia di un figlio può essere ricondotta a un’inclinazione naturale dell’adolescenza che riguarda la sfida

Nel caso di un figlio che maltratta, è chiaro che il problema risiede nella quantità e nella qualità di questa rabbia.

Quando l’aggressività diventa violenza, è sempre bene provare a vederci più chiaro. 

Attraverso comportamenti di ribellione, l’adolescente prova ad affermare se stesso e la sua autonomia.

Un atteggiamento violento è una deriva pericolosa di questa attitudine: il ragazzo sente che l’unico modo per imporre la sua “indipendenza” è quello di usare la forza.

Questo mostrare i muscoli ha anche il senso di lanciare un messaggio ai propri genitori:

«sento che non siete in grado di pensare a me, per cui, devo farlo io.»

Un messaggio che è doloroso da ricevere tanto quanto gli stessi comportamenti maltrattanti.

Osteggiare le decisioni dei genitori in maniera violenta contiene però questo significato, ed è su questo significato che occorre adoperarsi per intervenire.

Adolescenti maltrattanti e psicoterapia

La violenza in adolescenza nei confronti dei genitori, verbale e/o fisica, ha una matrice non consapevole che va individuata e affrontata.

Nello specifico, bisogna chiedersi 

«perché il figlio sente di doversela cavare da solo? 
«perché il figlio sente che l’unico modo che ha per affermarsi è quello che fa uso della forza?

A queste domande, non esiste una risposta universale, valida per qualunque adolescente.

La risposta a questa domanda va trovata 

  • nelle esperienze e nella storia personale del ragazzo;
  • nei rapporti e nelle dinamiche di comunicazione con i genitori.

Una precisazione rispetto al secondo punto.

Accade spesso che le relazioni tra genitori e figli si complichino.

Questo non significa che è colpa di qualcuno.

Significa, invece, che ci sono in atto dinamiche disfunzionali che è bene correggere. 

La psicoterapia è lo strumento più adatto, e può riguardare contemporaneamente sia i genitori sia i figli.

In particolare, la psicoterapia permette di trovare risposte alle questioni che danno forza ai comportamenti maltrattanti.

E permette di trovarle sia dalla parte dei genitori, sia dalla parte dei figli.

Analizzare la storia personale del figlio e le modalità specifiche con cui si articolano le sue relazioni con i genitori è una faccenda complessa, per la quale c’è bisogno di un aiuto professionale. 

Altrettanto, lavorare sulle fatiche dei genitori a interagire con il figlio è un obiettivo complesso ma fondamentale.

La psicoterapia consente innanzitutto di dare ascolto a tutte le frustrazioni generate dalle reciproche difficoltà di rapporto

A lungo termine, la psicoterapia permette invece di focalizzare i nodi problematici e scioglierli, analizzando le cause profonde che generano il malessere relazionale

Francesco Rizzo

 Psicologo Psicoterapeuta Padova