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Provare sempre vergogna

Provare sempre vergogna, per tutto: è un’esperienza dolorosa che accomuna diverse persone.

È come se, allo stesso tempo, la vergogna fosse

  • un sottofondo costante alle attività di tutti i giorni, anche quelle più comuni (ad es., prendere un mezzo pubblico, andare a fare la spesa in un supermercato…);
  • una… puntura, acuta e improvvisa, che si fa sentire in situazioni specifiche, soprattutto di interazione sociale diretta (es. rivolgere la parola a qualcuno).

Si può dire quindi che la vergogna ha una componente più “privata” e una componente più “esteriore”.

La prima riguarda proprio la sensazione personale di essere sempre fuori posto, oppure sempre inadatto, a qualsiasi circostanza.

La seconda, invece, riguarda la percezione di chi sta intorno.

In altre parole, ha a che fare con lo sguardo altrui e con la certezza di essere mal giudicati:

  • per un modo “sbagliato” di rivolgere la parola;
  • per le maniere impacciate con cui si atteggia il corpo;

e così via.

Questa combinazione di sensazioni, più personali e più “esternalizzate”, finisce per rinforzare la vergogna.

Si attiva un’attenzione eccessiva a ciò che si fa e a come lo si fa – un esempio calzante può essere sempre un’occasione sociale del tipo rivolgo la parola a qualcuno.

Una forma di automonitoraggio che finisce per rendere “posticce” le interazioni e trasmettere all’altro proprio quell’insicurezza che si vorrebbe tanto nascondere.

Perché si prova vergogna?

La risposta “generica” a questa domanda prende in considerazione l’autostima personale.

Chi prova vergogna è sicuro di possedere delle caratteristiche che finiranno per essere sgradite agli altri.

Oppure, che lo esporranno a una sorta di “gogna” sociale:

«se provassi a parlare, di sicuro mi metterei a balbettare, e gli altri mi prenderebbero in giro…»

Questa forma di insicurezza può essere descritta nei termini di effetto riflettore, ovvero la certezza che chi ci sta intorno sia particolarmente attento a

  • quello che facciamo;

  • come ci muoviamo;

  • cosa diciamo;

  • il nostro aspetto.

Insomma, proprio come se si fosse centrati dal cono di luce di un riflettore, sotto lo sguardo di tutti.

Sentirsi inadeguati, e allo stesso tempo sentirsi anche sempre nel mirino, non fa che ostacolare le relazioni sociali – di qualsiasi tipo esse siano.

La “posta in palio”, in un’interazione sociale anche apparentemente banale, è altissima per chi soffre di questa vergogna.

È una sorta di esposizione che fa sentire nudi.

Si ha la certezza che quell’interazione sociale fallirà, e pure in maniera rovinosa.

Come se l’imbarazzo generasse imbarazzo, e imbarazzo ancora, in una sorta di loop senza fine.

Psicoterapia della vergogna

Abbiamo parlato di “risposta generica” alla domanda perché si prova vergogna?

La risposta più approfondita non può che riguardare la singola persona.

Il motivo “universale” della vergogna è una profonda insicurezza, un’autostima ferita che espone a un’intensa paura delle relazioni con gli altri.

Ma qual è la ragione profonda di questa insicurezza?

La psicoterapia può dare una vera risposta a questa domanda.

Si tratta di una questione che non può essere liquidata in termini generali.

Individuare le cause di questa sfiducia in se stessi e nelle proprie possibilità di successo nelle relazioni è un obiettivo centrale della psicoterapia della vergogna.

Queste cause sono personali, vale a dire, dipendono

  • dalle esperienze;
  • dalla storia personale;
  • da specifiche caratteristiche soggettive.

È soltanto attraverso un lavoro “personalizzato” su queste dimensioni che è possibile intervenire sulla situazione di disagio.

Vale per la vergogna, e in generale, vale per qualsiasi malessere psicologico.

Cos’è che in quella persona, unica e irripetibile, genera una così feroce ansia relazionale?

È questa la domanda su cui è necessario poter ragionare.

Francesco Rizzo

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Psicologo Psicoterapeuta Padova